Nella vicenda delle banche ci sono alcuni punti fermi e tante domande. Renzi ha detto: “Chi strumentalizza la morte mi fa schifo”. Non c’è dubbio, ma fa molto più schifo chi la morte la provoca. E allora andiamo a cercare le responsabilità:
1. la truffa e il “comportamento criminale” – parole del signor D’Angelo nella sua lettera d’addio – di chi ha venduto prodotti rischiosi, inadatti ai piccoli risparmiatori, mentendo e raggirando i clienti (viene fuori dalle lettere delle banche, dalle dichiarazioni di direttori di filiali e impiegati che raccontano di aver dovuto piazzare titoli a rischio per non essere licenziati, dalla Ue e dagli allarmi inascoltati di Consob e Bankitalia, per vietare le vendite di obbligazioni subordinate). Bond che si è continuato a vendere anche dopo il commissariamento delle banche, quando si sapeva che erano destinate al fallimento, e che per questo dovevano essere piazzati ai risparmiatori inesperti perché quelli esperti non ci sarebbero cascati.
2. La malagestione dei vertici delle banche che le hanno portate al dissesto: dall’ex presidente di Banca Etruria Rosi e il membro del cda ora indagati per omessa comunicazione di “forte conflitto d’interessi” (avrebbero dato finanziamenti a loro società), al papà del ministro Boschi, che diventa vicepresidente dell’Etruria nel 2014 (in contemporanea con la nomina della figlia a ministro), ma era nel cda dal 2011 (il fratello era in Etruria dal 2007, fino alla qualifica di “Program and cost manager”). E’ anche colpa sua se la banca aveva un buco da 3 miliardi (ma spendeva 15 milioni per consulenti esterni) ed è fallita: Bankitalia ha fatto 3 ispezioni dal 2012, l’ha già multato per 144mila euro per “carenze di gestione e controllo, violazione in materia di trasparenza, omesse e inesatte segnalazioni alla vigilanza” e ora pare gli stia per recapitare una nuova sanzione disciplinare. È questa la “persona perbene”? È lecito chiedere se qualcuno dei 185 milioni, che Bankitalia ha accertato essere stati prestati agli amministratori della banca, sono andati anche alla sua azienda o a una delle 14 aziende agricole nei cui cda lui siede? Perché non ha dato il consenso alla pubblicazione della sua situazione patrimoniale, se è tutto ok?
3. E poi c’è l’inadeguatezza, la malafede e il conflitto d’interessi del governo, che ha emanato il decreto salva banche con il Fondo di Risoluzione invece che con quello Interbancario (usato ora per tamponare: ma se non andava bene prima, perché va bene adesso? Se lo avessero usato subito ci saremmo risparmiati il dramma di questi giorni), nonostante fosse una delle soluzioni proposte dall’Ue. Il tutto senza avvisare azionisti e obbligazionisti subordinati delle conseguenze e senza soprattutto pensare a un paracadute. Forse sperava che il bubbone non esplodesse, e infatti resta un mistero perché si sia saputo del suicidio del pensionato con 10 giorni di ritardo.
Non ha garantito i piccoli risparmiatori, ma in compenso ha garantito le banche che hanno partecipato al salvataggio (Unicredit, Intesa Sanpaolo e Ubi) con Cassa Depositi e Prestiti e i nuovi vertici delle 4 banche con stipendi da 2,4 milioni di euro l’anno (400mila euro, esclusi bonus e premi, al neo presidente Nicastro, 350mila a Bertola all’Etruria). Dice: “Sono stati salvati i correntisti e 7.000 posti di lavoro”, ma Unicredit, mentre salva questi posti, taglia i suoi: 18.200 addetti in meno in 3 anni, quasi 7.000 in Italia.
E poi c’è la malafede con cui il governo scarica le colpe su altri e copre l’“abnorme” (cit. Saviano) conflitto d’interessi della Boschi. Dà la colpa ai governi precedenti, quando a gennaio ha approvato il decreto sulle popolari e la loro trasformazione in Spa, che ha fatto impennare i titoli dell’Etruria fino a oltre il 60% (con acquisti sospetti anche da Londra). Nel presentarlo Renzi parlò di “momento storico”, di sistema bancario “solido, serio e sano”, di intervento – gli fece eco il ministro Padoan – che renderà le popolari “più forti ed efficienti”. Quanti risparmiatori si fidarono di quelle parole e investirono?
Dà la colpa alle regole Ue, quando la legge sull’autosalvataggio delle banche in crisi (Bail in), attingendo non all’esterno (se no si incorre in aiuti di Stato) ma all’interno, tra i propri azionisti, obbligazionisti subordinati e correntisti con più di 100mila euro, l’ha votata anche il Pd a Bruxelles e l’ha ratificata alla Camera a luglio, con relativo tweet del sottosegretario Gozi: “Grazie a tutti: avanti così!”.
Dà la colpa ad altri, quando ben conosceva la situazione drammatica delle banche: certo non è stata una calamità naturale inaspettata come ha tentato di farci credere il ministro Padoan con la sua gaffe “Crisi umanitaria”… C’erano state le ispezioni di Bankitalia e le sanzioni, i bilanci in rosso, ma il governo, invece di denunciare la malagestione degli amministratori (tra cui papà Boschi), ha preferito salvare le banche con ben 2 decreti. Un conflitto di interessi, quello del ministro, confermato da lei stessa, con l’uscita dal Cdm nel momento dell’approvazione. Perché uscire se non c’era conflitto? Pensare che all’estero i ministri si dimettono per aver copiato una tesi di laurea.
Oltre al merito, c’è anche un problema di opportunità per le dimissioni, la stessa opportunità che la Boschi evocò per l’ex ministro Cancellieri (finita nell’occhio del ciclone per la telefonata per far scarcerare la figlia di Ligresti): “Al suo posto mi sarei dimessa. Il punto grave è che ancora una volta si è data l’immagine di un paese in cui ci sono delle corsie preferenziali per gli amici degli amici. Oggi abbiamo perso un’altra occasione di fronte ai cittadini”. Non la perda di nuovo, ministro, e si dimetta!
Quanto alla soluzione-tampone prevista dal governo per salvare gli obbligazionisti subordinati (100 milioni di euro dal Fondo Interbancario, cioè da altre banche, per risarcire circa 1.000 risparmiatori più deboli: quelli con patrimonio inferiore a 100mila euro, che ne avevano investito più del 50% in obbligazioni subordinate), diciamo chiaramente che non basta, visto che gli obbligazionisti subordinati privati delle 4 banche sono almeno 10.500, per un valore di 340 milioni di euro, cui si devono aggiungere gli investitori istituzionali (che a loro volta li avranno piazzati a loro clienti), per un totale di 786 milioni di euro. Soprattutto: perché il decreto sui criteri dei rimborsi e sugli arbitri verrà emanato entro marzo? Perché per farsi la legge per intascare i rimborsi elettorali, anche senza bilanci puliti, i partiti (tranne il M5s) impiegano 2 giorni, per salvare banche e banchieri il governo si riunisce di domenica, mentre per aiutare migliaia di risparmiatori che ci hanno rimesso tutto per colpa loro ci vogliono mesi?
Ps: cosa succederà ai mutui, ai crediti, ai soldi degli italiani adesso che tutte le banche dovranno accantonare milioni di euro per rimpolpare il Fondo Interbancario per il salvataggio delle 4 banche (sempre che non se ne aggiungano altre)? E cosa succederà se venisse confermato che papà Renzi (che smentisce e annuncia querele) era in affari con l’ex presidente dell’Etruria Rosi e che ha mentito sulla sua dichiarazione patrimoniale? Perché, invece di aspettare le “sedi giudiziarie opportune”, non chiarisce subito tutto davanti gli italiani?
The post Banca Etruria e conflitti d’interesse: a quando il chiarimento di fronte agli italiani? appeared first on Il Fatto Quotidiano.