Caro Alessandro Baricco,
fin da quando andava in tv in maniche di camicia a raccontare lirica e libri in modo pop, lei è stato chiaro: voleva chiudere con le torri d’avorio. Affermare – la cito – “un’idea differente di narrazione scritta, di emozione della scrittura”. Forgiare un nuovo intellettuale che scende dal piedistallo, va nel mondo, si sporca le mani.
Nel mondo, in effetti, ci si tuffò a capofitto. Pensò bene, nel ‘96, di emozionare e narrare in diretta tv niente meno che il neoministro dei Beni culturali Walter Veltroni (imbarazzato, ma non troppo, di cotanta foga linguistica): “Il ministero della Cultura va bene”, disse, “ma solo perché c’è Veltroni. Walter è una sicurezza per tutti. Non darei alla destra un simile ministero. Non saprebbero cosa farsene perché non hanno una cultura”. Apriti cielo. Le piovvero critiche da ogni parte, cui rispose ammettendo di avere detto “cose giuste in modo fesso”. Basta con la politica? No. Semplicemente si è fatto (più) furbo.
Nel 2009, in piena era berlusconiana, si indigna per Bondi alla Cultura? Macché: emoziona e narra il Pdl riconoscendogli “un’apertura mentale capace di immaginare schemi che ci sorprendono ogni volta”: “la conservazione è a sinistra”. Risultato, un bel titolone del Giornale: “Baricco: il futuro è a destra”.
Narra che ti narra, emoziona che ti emoziona, sporca che ti sporca, arriva il suo Matteo. Alla Leopolda 2011 lei esordisce all’insegna della modestia: “Ero venuto solo ad ascoltare. Non voglio diventare Presidente del Consiglio, è tardi”. Nel 2012 prende confidenza: “Mi avete convinto”. L’anno scorso è tutto un “Noi”; solo che “abbiamo un giocattolo ma non ci sono le pile o sono scariche o vecchie, ma per fortuna qui abbiamo tasche piene di pile” (mi scusi, un po’ fiacca come immagine: ok, non si può essere sempre Bernhard, ma ci sono dei minimi sindacali. Verranno mica da lei anche certe perle del Premier tipo “il pin del paese”, che fanno stappare lo champagne a Crozza?). Sempre con quell’aria da “passavo di qui”, tipica dei frequentatori di salotti. La stessa che aveva al matrimonio di Carrai (consigliere d’amministrazione della sua scuola Holden), dove si è presentato in panciotto blu e camicia alla coreana come per marcare la differenza (ci sono – non posso non esserci – ma sono un artista). Ora però che Renzi è premier, e il giocattolo funziona, può anche non passarci alla Leopolda che si apre oggi. Morettianamente “mi si nota di più se non vado” (e mando un video).
Caro Baricco, andando nel mondo lei ha certo trovato nuove narrazioni e nuove emozioni ma, con quel pezzo di mondo che si chiama potere, mi pare abbia sempre coltivato un rapporto vecchio come il mondo. Quando poi si scopre (su questo giornale) che, mentre pubblicamente se la prendeva con “il fiume di denaro che si riversa in teatri, musei, festival, rassegne, convegni, fondazioni e associazioni”, invitando a piantarla con i finanziamenti pubblici alla cultura in tempi di crisi, la sua Holden incassava centinaia di migliaia di euro da Comune e Regione (e, nonostante ciò e corsi da 10.000 euro l’anno, chiudeva il bilancio 2013 in rosso) – beh, l’impressione si fa certezza: lei, per i suoi giocattoli, un paio di pile le trova sempre.
Un cordiale saluto
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