Caro Alfio Marchini,
lei è il perfetto candidato sindaco di Roma del PdN: Partito della Nazione (o del Nazareno, che è lo stesso). Tutti fissano il classico dito – Giachetti da un lato, Bertolaso/Meloni e tutte le liti del centrodestra dall’altro – e si perdono la luna Marchini: il sindaco “Libero dai partiti”, come recita il suo slogan, che piace ai partiti e andrebbe bene tanto a Renzi quanto a Berlusconi. Perché, diciamolo, ciò che conta – da sempre – a Roma (e per Berlusconi e Renzi) sono i poteri forti, altro che destra e sinistra. A proposito, c’è una questione su cui è bene che lei faccia chiarezza se vuole guidare la Capitale senza ombre. Spero lo faccia con la stessa disponibilità, cortesia e trasparenza con cui rispose alla mia precedente lettera.
Quando a fine 2012 decise di entrare in politica, promise che avrebbe ceduto aziende e quote di società in conflitto col suo ruolo. A me a luglio scorso scrisse: “Faccio politica perché mi piace (…) ma ahimè santo non lo sono né mai lo sono stato (…), cerco di fare i conti con la mia umana e debole natura e non essendo mai stato molto bravo a resistere alle tentazioni, l’unica difesa credibile è mettersi nelle condizioni di non averne. Di qui la decisione di cedere ogni attività, indossare il saio magari di cachemire…”. Bravo! Infatti è uscito dal cda della holding dell’amico Caltagirone e ha rinunciato alla partecipazione in Acea. Ma si è spogliato davvero di tutto? A fine febbraio arriva una segnalazione di Bankitalia ai pm che indagano su Popolare di Vicenza: 60 milioni della banca “transitati su alcuni fondi lussemburghesi e finiti a società di Marchini”. Lei, che non è indagato, replica “Tutto in regola, solo fango elettorale” e chiede 30 milioni di danni per diffamazione a Repubblica (ahia). La vicenda è complicata, per cui dico solo che nel mirino ci sono le società Imvest, Astrim, Methorios e Lujan, esposta verso la Popolare per 75 milioni (diventati poi, secondo Bankitalia, “crediti a incaglio”, cioè che la banca non riesce a recuperare; “parte lesa, su quel prestito pagati 8 milioni di interessi”, chiarisce lei), ma “ne sono uscito quando sono entrato in politica”. È davvero così? Dato per buono che “tutto è alla luce del sole”, come dice, mi interessa la Lujan, di cui lei deteneva il 90% e che collega, con varie partecipazioni, queste società: è in Imvest col 21,63% del capitale sociale (insieme a Methorios al 24,86 e Astrim al 10,05%), è col 16,59% in Methorios (dove c’era pure Banca Etruria, e che ora è guidata da Paolo Cacciari, genero di Luciano Violante, presidente dell’associazione Italiadecide di cui lei è socio fondatore: piccolo il mondo…), e Methorios è in Astrim, di cui lei era presidente fino all’approvazione del bilancio al 31/12/2014 (se n’è andato?).
Insomma: è uscito davvero dalla Lujan quando è entrato in politica? Se ne è uscito, perché nell’ultimo bilancio della Alerion Clean Power (gruppo quotato, specializzato in energie “verdi”) Alfio Marchini risulta ancora azionista attraverso Lujan (2,65%) e Keryx (1,85%), e nell’ultimo patto parasociale del 4.9.2015 si specifica che Lujan è “società controllata dall’ing. Alfio Marchini” (Keryx controllata “indirettamente” da lei)?
Caro Marchini, sono sicura che chiarirà come stanno le cose, e dimostrerà di aver tenuto fede all’impegno. Non le si chiede di indossare il saio, ci mancherebbe: solo di diradare una nebbia che fa male alla sua candidatura e agli elettori, fiaccati da troppi anni di conflitti d’interesse, intrecci tra politica, imprenditoria, banche, amici, figli, padri, troppe “tentazioni” cui i potenti non hanno saputo resistere (ammesso, e non concesso, che ci abbiano provato). È una questione di opportunità e trasparenza, che sole possono confermare la sua sincera e disinteressata passione politica e, insieme, reinfonderla nei tanti italiani che oggi, arrabbiati e rassegnati, l’hanno persa.
Un cordiale saluto.
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